Articoli scritti da Redazione Aliant Legal Grounds

Mai come in questo drammatico momento storico, è necessario focalizzare l’attenzione sulla cd. “sicurezza delle cure”, considerata dalla Legge n.24/2017 ( legge Gelli – Bianco), parte costitutiva del diritto alla salute, e rispetto alla quale, ogni operatore sanitario è tenuto a concorrere, “mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative ( art.1 comma 2)”.

La sicurezza delle cure costituisce la base di una buona assistenza sanitaria che ingloba, non solo gli aspetti strettamente clinici della professione medica, legati al rapporto medico-paziente, ma anche quelli legati alla ricerca, alla sperimentazione, alla gestione organizzativa che hanno conseguenze sull’intera collettività.

La legge Gelli – Bianco, quindi, promuovendo “l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative”, ha introdotto l’appropriatezza organizzativa nell’ambito delle attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio clinico, esigenza ad oggi del tutto impellente e necessaria per le organizzazioni sanitarie che stanno fronteggiando l’emergenza epidemiologica da Covid 19.

Proprio perché la sicurezza delle cure, per essere garantita, investe diversi elementi, tutti gli operatori interessati, in relazione al proprio specifico settore, sono tenuti a partecipare, al fine di prevenire e gestire “il rischio sanitario”; rischio che la stessa protezione civile definisce come: “ il rischio sempre conseguente ad altri rischi o calamità, tanto da esser definito come un rischio di secondo grado ed emerge ogni volta che si creano situazioni critiche che possono incidere sulla salute umana… Difficilmente prevedibile, può essere mitigato se preceduto, durante il periodo ordinario, da una fase di preparazione e di pianificazione della risposta dei soccorsi sanitari in emergenza”.

E anche vero che il rischio di pandemie è un evento estremo rientrante tra i rischi operativi di un’azienda, difficile da prevedere per la mancanza di sufficienti dati storici a supporto di un’analisi quantitativa.
Per questo motivo l’OMS ha raccomandato a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano Pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo Linee guida concordate.
Esso rappresenta il riferimento nazionale in base al quale sono messi a punto i Piani operativi regionali.
In coerenza con i Princìpi del Piano, il Ministero della salute si è fatto carico di individuare e concordare con le Regioni, le attività sanitarie sia di tipo preventivo che assistenziale da garantire su tutto il territorio nazionale.
Quindi, a seguito della normativa nazionale, alcune Regioni hanno fornito indicazioni e prodotto indirizzi sulla funzione di gestione del rischio sanitario aziendale.
Sul ruolo fondamentale delle Regioni, in ordine alla gestione del rischio clinico, è necessario ricordare anche che, uno degli elementi innovativi della legge 24/2017, è rappresentato dall’istituzione in ogni Regione del Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente e che il 12 febbraio 2019, sono state elaborate dalla Sub Area Rischio Clinico della Commissione Salute, le “Linee di indirizzo sulle architetture regionali dei Centri per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente”, nelle quali il Centro si colloca nell’ambito di una “rete regionale” che comprende i coordinatori dell’attività di gestione del rischio sanitario.
La suddetta Sub Area rischio clinico ha ritenuto di evidenziare quale poteva essere il contributo della rete della sicurezza delle cure e del rischio sanitario per la gestione del COVID-19 e nel documento specifico prodotto nel 9 marzo 2020 si è affermato che i referenti regionali e aziendali per la sicurezza delle cure e la gestione del rischio sanitario avrebbero potuto contribuire allo sforzo comune con alcune attività ed in particolare:

a) supporto alle Direzioni regionali e aziendali nella programmazione e pianificazione delle azioni stabilite per l’emergenza epidemiologica e per la gestione della crisi;

b) collaborazione per la elaborazione e diffusione di materiale informativo per le strutture sanitarie e per i cittadini, in coerenza con quanto previsto dalle raccomandazioni internazionali, dalla normativa nazionale e dalle specifiche indicazioni regionali;

c) – utilizzo, ove possibile, di metodi e strumenti del risk management sanitario per le attività correlate alla prevenzione e gestione dell’infezione da SARS-Covid;

d) – azioni di ulteriore sostegno ai programmi di “infection control” mirati alla diffusione delle buone pratiche correlate a Infection prevention and control – IPC (adozione delle precauzioni standard e delle precauzioni di isolamento specifiche aggiuntive, azioni di sostegno per la compliance all’igiene delle mani, sanificazione, disinfezione e sterilizzazione, ecc.);

e) – supporto, per garantire la sicurezza dei pazienti e di tutti gli operatori sanitari, nella promozione del corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, ad esempio attraverso: la realizzazione di piani di formazione ad hoc basati sulla simulazione e la formazione sul campo anche con la presenza di tutor, la produzione di strumenti di comunicazione (poster, checklist, algoritmi) per gli operatori sanitari; attività queste da realizzare in stretta collaborazione con le altre professioni interessate;

f) – aumento della vigilanza, anche attraverso l’utilizzo dei flussi informativi sulle non conformità, su particolari percorsi esposti a maggior pericolo di errore in occasione di incremento della richiesta di prestazioni e servizi (ad es., indagini di laboratorio di microbiologia e gestione del rischio associato ad errori preanalitici, analitici e post-analitici); –

Da segnalare altresì le indicazioni previste nelle “Linee di indirizzo per i controlli interni durante l’emergenza da COVID-19” della Corte dei Conti – Sezione delle Autonomie con Deliberazione n. 18 dell’adunanza del 7 ottobre 2020, ove nel capitolo sulla gestione del rischio sanitario in conseguenza del COVID-19 si afferma che “la comparsa e la diffusione del Coronavirus hanno prodotto nuove sfide per le aziende sanitarie in termini di corretta raccolta, gestione e analisi delle variabili riguardanti il rischio sanitario (risk management).
Le aziende e le altre strutture sanitarie si troveranno in particolare a fronteggiare i seguenti fattori:

– analisi dei rischi specifici derivanti dalla pandemia;
“aggravamento dei rischi” a seguito dell’organizzazione di nuovi servizi e attività;
– inasprimento del contesto economico che comporta generalmente un forte aumento della litigiosità ed un possibile aumento di richieste di risarcimento;

Alla luce di quanto sopra, si evidenzia che, rispetto ad una situazione di emergenza, determinata dal manifestarsi dell’infezione del nuovo Coronavirus, dove, quindi il rischio si è già manifestato, è necessario, che le Aziende sanitarie, oltre ad adattarsi ai cambiamenti e rinnovarsi attraverso metodi e strumenti reattivi e proattivi di Risk Management, idonei a prevenire e gestire l’infezione da Coronavirus ( Incident Reporting, Audit e Failure Mode and Effect Analysis – FMEA), implementino altresì strumenti organizzativi e tecnologi che eliminano le barriere di distanza, tempo e costi per l’accesso alle cure (Telemedicina), ma ancor più, tutelino ciò che già esiste, gestendo in maniera controllata e pianificata le emergenze, secondo una logica di sistema, ovvero prevedendole.
In ogni caso è opportuno ricordare che, un efficiente approccio di Risk Management si adotta integrando a tutti livelli “una cultura del rischio”; una cultura condivisa dell’azienda che non solo è conoscenza e comprensione del contesto organizzativo, ma che include soprattutto una comunanza dei valori del gruppo stesso, tenuto conto che la vera forza di un’azienda, sta nella “resilienza organizzativa”, ovvero nella capacità di superare eventi traumatici imparando a sviluppare competenze organizzative a partire dalle difficoltà.

E’ di auspicio che in seguito a un avvenimento di questa portata, come quello del Coronavirus, anche la cultura del rischio in Italia ne uscirà profondamente cambiata e più matura.

Francesca Stefanutti
Studio Legale Aliant Legal Grounds