Gli effetti dell’emergenza sanitaria Covid-19 sui contratti e la “forza maggiore” nel sistema di diritto italiano

I nostri clienti abituati a fare affari con l’estero – e quindi alla prassi della contrattualistica internazionale – al verificarsi dell’emergenza sanitaria in corso avranno immediatamente verificato se negli accordi commerciali stipulati dalla propria azienda fossero contenute previsioni che in qualche modo potessero riferirsi a situazioni di questo tipo, mentre i più tecnici saranno andati immediatamente a verificare le cd. “clausole di forza maggiore” contenute negli accordi conclusi ovvero pensato alle conseguenze in caso di assenza di previsioni di questo tipo.

Quando si applicano le clausole di forza maggiore in un contratto?

Ovviamente, nel caso in cui il contratto contenga una clausola di forza maggiore si dovrà necessariamente far riferimento al contenuto della stessa, tenendo presente che tali clausole possono avere un contenuto molto diverso, essere più o meno dettagliate o complete, prevedere un elenco di eventi o solo una definizione generica di forza maggiore.

Solitamente la clausola di forza maggiore prevede l’assenza di responsabilità del debitore per ritardi o mancato adempimento alle obbligazioni previste dal contratto (eccettuato sovente il pagamento dei corrispettivi dovuti) qualora il debitore sia in grado di provare:

  • che l’inadempimento è stato provocato da un evento al di fuori del suo controllo;
  • che non era ragionevole aspettarsi che esso, al momento della sottoscrizione del contratto tenesse in considerazione la possibilità del verificarsi di tale evento ed i suoi effetti; e
  • che non era ragionevolmente possibile evitare o porre rimedio a detto evento o quanto meno ai suoi effetti.

Quali sono gli eventi che rientrano nei casi di “forza maggiore”

A ciò segue solitamente una elencazione degli eventi che possono essere considerati casi di “forza maggiore” come ad esempio scioperi nazionali, guerre, provvedimenti dello Stato o di autorità statali, embarghi, atti vandalici e terroristici, allagamenti, terremoti, incendi, disastri naturali ed “epidemie”.

Se esaminiamo l’attuale situazione con una ipotetica formulazione della clausola di forza maggiore in linea con quanto indicato sopra, potremmo dire che senza dubbio il primo elemento è verificato ed infatti il Covid-19 rappresenta un evento, facilmente dimostrabile anche attraverso la proclamazione dello stato di emergenza del Governo con Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, al di fuori del controllo della parte inadempiente.

Per il secondo elemento giocherà ovviamente un ruolo decisivo la data di sottoscrizione o di efficacia del contratto, dovendo distinguersi i casi in cui già vi erano i primi provvedimenti del Governo dagli accordi stipulati in momenti precedenti. Sempre rispetto alla tempistica potrebbe inoltre risultare difficile dimostrare – ad epidemia scoppiata – che non ci si attendeva il propagarsi del virus a livello mondiale, nel caso in cui il contratto prevedesse l’adempimento in diversi paesi.

In relazione al terzo elemento poi, ovvero se non sia stato possibile porre rimedio quanto meno agli effetti dell’evento – dovranno essere attentamente considerate le opzioni che il debitore aveva per poter comunque adempiere o limitare i danni, e dunque andrà presa in considerazione la sua diligenza. Ad esempio, il debitore dovrà aver preso in considerazione il lavoro da remoto, o l’utilizzo di altri sub-fornitori rispetto a quelli abituali, entro il limite della ragionevolezza. Fermo restando che l’analisi va compiuta casi per caso, per esempio, l’acquisto del medesimo prodotto – necessario ai fini dell’adempimento dell’obbligazione – a un prezzo esageratamente più alto sembra rappresentare un grado di diligenza che supera quello richiesto nella formulazione della clausola sopra citata.

Quanto all’elencazione degli eventi, spesso le clausole contengono la formulazione “a titolo esemplificativo e non esaustivo”; pertanto ove fosse presente l’evento “epidemia” non sarà difficile l’estensione del concetto a “pandemia” così come al presente l’emergenza sanitaria è stata classificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nella conferenza stampa dell’11 marzo scorso.

Tali clausole terminano nella maggior parte dei casi con la facoltà della parte adempiente di esercitare il recesso – totale o parziale – dal contratto nel caso in cui l’impossibilità di adempiere non si risolva entro un certo lasso temporale.

Cosa prevede il codice civile italiano in merito all’assenza di una clausola di forza maggiore?

In caso di assenza nel contratto di una clausola specifica di forza maggiore, segnaliamo in primo luogo che nel sistema italiano non esiste una vera e propria definizione di forza maggiore e che il nostro Codice Civile distingue il caso in cui sia diventato impossibile adempiere da quello in cui l’adempimento sia divenuto semplicemente più oneroso (in maniera similare al concetto di “hardhsip” nella contrattualistica internazionale).

Il primo caso è descritto dall’art. 1256 del Codice Civile che prevede che: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

Il debitore, quindi, ai fini di essere esente da responsabilità, dovrà provare la causa che ha reso la prestazione impossibile, che si tratta di un’impossibilità oggettiva di adempiere, e che tale causa non era a lui imputabile, non bastando la dimostrazione di aver usato tutta la diligenza necessaria.

Dato che il pagamento di una somma di denaro non è mai ritenuto impossibile, dubitiamo, ad esempio, che il blocco dell’attività commerciale a causa dei provvedimenti sul coronavirus possa essere adotto per giustificare l’inadempimento a un obbligo di pagamento.

Ed infatti in giurisprudenza si trova ripetutamente affermato il principio secondo il quale l’impotenza finanziaria non esonera dall’obbligo di eseguire la prestazione neppure se provocata da eventi esterni, quali una stagione poco favorevole per un imprenditore agricolo o l’occupazione della fabbrica del debitore da parte delle maestranze, con conseguente blocco delle attività economiche e mancanza di incassi, ovvero la confisca o il sequestro dei beni del debitore, o, ancora, la mancata percezione, da parte del debitore, di finanziamenti o pagamenti allo stesso dovuti da un ente pubblico. Concetto, questo, diffuso anche in altri paesi, basti pensare che nella giurisprudenza americana si segnalano decisioni che hanno ritenuto responsabile il debitore anche nel caso in cui il mancato puntuale pagamento era stato determinato dal crollo del sistema bancario degli anni ’30.

Così pure le obbligazioni di consegnare cose di genere sono considerate normalmente insuscettibili di estinzione per sopravvenuta impossibilità dell’esecuzione e l’esonero del debitore può verificarsi soltanto quando il genere divenga incommerciabile (ad es. per provvedimento dell’autorità) ovvero quando ne venga cessata la produzione o la distribuzione e quindi non sia in assoluto reperibile sul mercato.

Sebbene le norme citate si riferiscano al caso in cui il debitore è impossibilitato dall’eseguire la prestazione, esse sono applicabili anche al creditore che sia impossibilitato a ricevere la prestazione (teatro che non possa tenere gli spettacoli previsti) ma, anche qui, la situazione andrà valutata caso per caso.

Le conseguenze delle varie forme di impossibilità sopravvenuta sono le seguenti:

  • nel caso di impossibilità definitiva: l’estinzione dell’obbligazione (art. 1256, 1 comma, CC), esclusione della responsabilità del debitore per proprio inadempimento (art. 1218 CC), e nei contratti con prestazioni corrispettive, liberazione della parte che era tenuta alla controprestazione, e restituzione da parte del debitore di quello che ha già ricevuto, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito.
  • nel caso di impossibilità temporanea: esclusione della responsabilità del debitore per il ritardo nell’esecuzione (art. 1256, secondo comma CC), estinzione dell’obbligazione se l’impossibilità perdura fino a quando il debitore non possa più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non abbia più interesse a conseguirla (in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto.
  • nel caso di impossibilità totale: estinzione dell’obbligazione (art. 1256, 1 comma, CC), esclusione della responsabilità del debitore per proprio inadempimento (art. 1218 CC), e nei contratti con prestazioni corrispettive, liberazione della parte che era tenuta alla controprestazione, e restituzione da parte del debitore di quello che ha già ricevuto, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito.
  • nel caso di impossibilità parziale: estinzione dell’obbligazione in capo al debitore che esegua la prestazione per la parte rimasta possibile (art. 1258 CC), diritto della controparte di ridurre di conseguenza la propria prestazione (art. 1464 CC) ovvero il diritto di quest’ultima di recedere dal contratto qualora non abbia interesse apprezzabile ad un adempimento parziale (art. 1464 CC).

Si segnala inoltre una norma contenuta nel recente decreto legge 18 del 17 marzo 2020, cd. “cura Italia” che prevede che : “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”, norma che non sembra avere un contenuto precettivo ma piuttosto indicare alle parti e agli organi di giustizia un criterio da adottare nel valutare inadempimenti derivati dal rispetto delle misure di contenimento e che in ogni caso occorrerà valutare come e se sarà modificata o sussisterà a valle della conversione del decreto in legge.

Da ultimo, il Ministero dello Sviluppo Economico, con una nota del 25 marzo scorso, ha reso noto che le Camere di Commercio possono rilasciare alle imprese che ne facciano richiesta delle dichiarazioni in lingua inglese sullo stato di emergenza conseguente all’epidemia di COVID-19 e sulle restrizioni imposte dalla Legge per il contenimento dell’epidemia, con riferimento ai contratti con controparti estere (sulla scia di quanto fatto in altri paesi).

Diverso dal caso di impossibilità sopravvenuta è quello di eccessiva onerosità sopravvenuta che è regolato dall’art. 1467 del Codice Civile che recita:

1. “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458.
2. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto.
3. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”.

Rispetto all’attuale situazione determinata dall’emergenza pandemica, per i contratti ad esecuzione continuata o periodica o differita, il debitore potrà dunque chiedere la risoluzione del contratto se sarà in grado di dimostrare che in forza di eventi straordinari ed imprevedibili – ovvero eventi considerati improbabili al momento della conclusione del contratto – l’adempimento della propria obbligazione è divenuto eccessivamente oneroso.

Il carattere della straordinarietà è di natura oggettiva, qualificando un evento in base all’apprezzamento di elementi, quali la frequenza, le dimensioni, l’intensità, suscettibili di misurazioni (e quindi, tali da consentire, attraverso analisi quantitative, classificazioni quanto meno di carattere statistico), mentre il carattere della imprevedibilità ha fondamento soggettivo, facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza. Tipici eventi straordinari sono quelli esclusi dalle polizze assicurative. Anche qui, al momento attuale, la prova della presenza di un evento con tali caratteristiche è piuttosto semplice anche in forza dei provvedimenti normativi italiani che già a partire dal 31 gennaio hanno indetto lo stato di emergenza nazionale.

Quanto alla misura della eccessiva onerosità, ciò non è definito dalla norma ma consisterebbe in un aumento del costo originario della prestazione, percepibile al momento dell’adempimento, d’entità superiore alla normale alea contrattuale ovvero che si determini una notevole alterazione del rapporto originario delle prestazioni (in base ad una valutazione globale dell’economia generale del contratto). Secondo la Cassazione per stabilire se una prestazione è eccessivamente onerosa rispetto alla corrispettiva controprestazione occorre confrontare il loro valore al tempo in cui sono sorte e a quello in cui devono eseguirsi.

Certamente come nel caso di impossibilità sopravvenuta questa analisi dovrà essere fatta caso per caso dovendo venir valutate tutte le circostanze concrete, la diligenza del debitore e il comportamento complessivo delle parti.

di Claudia Bortolani – Founder & Partner | Legal Grounds

LEGAL GROUNDS resta a completa disposizione dei propri clienti per monitorare l’evolversi della situazione e della normativa vigente, nonché per supportarli nello studio e nell’attuazione delle azioni più adeguate a garantirne la continuità aziendale e l’operatività commerciale.

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