Mediazione obbligatoria: rese note dalla Consulta le motivazioni della bocciatura

La Corte costituzionale ha depositato ieri la sentenza n. 272/2012 contenente le motivazioni relative alla declaratoria d’incostituzionalità dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 e, in via consequenziale, delle altre norme ad esso collegate.

Tra i molti profili d’incostituzionalità, la Corte ha esaminato prioritariamente, per ragioni di ordine logico, le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli articoli 76 e 77 della Costituzione nei confronti dell’art. 5, con particolare riguardo al carattere obbligatorio che detta norma attribuisce al preliminare esperimento della procedura di mediazione, che secondo i giudici remittenti sarebbe in contrasto con quanto stabilito dalla legge delega.

La Corte è passata ad esaminare in primo luogo la normativa europea, richiamata espressamente dalla legge delega (specificamente la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le Risoluzioni del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011 (2011/2117-INI) e del 13 settembre 2011 (2011/2026-INI) e la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in data 18 marzo 2010, Sezione quarta, pronunciata nelle cause riunite C-317/08, C-318/08, C-319/08, C-320/08), e ha concluso affermando che dagli atti dell’Unione europea non si desume alcuna esplicita o implicita opzione a favore del carattere obbligatorio dell’istituto della mediazione, nonostante il favor dimostrato verso tale istituto, in quanto ritenuto idoneo a fornire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale. Il diritto dell’Unione non impone e nemmeno consiglia l’adozione del modello obbligatorio, pertanto, la scelta del modello di mediazione da adottare resta demandata ai singoli Stati membri, purché sia garantito il diritto di adire i giudici competenti per la definizione giudiziaria delle controversie.

Ma l’opzione a favore del modello di mediazione obbligatoria operata dalla normativa censurata, ha osservato la Corte, non trova fondamento oltre che nella citata disciplina comunitaria, neanche nella legge delega, poiché tra i principi e criteri direttivi di cui all’art. 60, comma 3, la stessa non esplicita in alcun modo la previsione del carattere obbligatorio della mediazione finalizzata alla conciliazione (né si potrebbe ritenere che il carattere obbligatorio sia implicitamente desumibile dalla norma).

Pertanto, ha concluso che il denunciato eccesso di delega sussiste, in relazione al carattere obbligatorio dell’istituto della conciliazione e alla conseguente strutturazione della relativa procedura come condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle controversie di cui all’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2010.

Ci pare di poter osservare che tale decisone non determina una bocciatura tout court della mediaconciliazione obbligatoria, ma lascia aperta una strada: quella di una nuova stesura del decreto delegato, con il contributo di tutte le categorie interessate mediando tra i rispettivi interessi.

di Valentina Tazza

1 Commento.

  • Marco Ambrogiani
    13 Dicembre 2016 13:24

    Al fine di : “… non disperdere quanto di buono seminato dal D.Lgs.28/2010”, come asserito dalla Severino, occorre far tesoro d’esperienza maturata in questo periodo di sperimentazione terminato con la Sentenza della Corte Costituzionale.

    I movimenti pro-mediazione chiedono ai politici di sposare la “condizione di procedibilità” attraverso un legge di riforma.

    Mettendo a frutto questa esperienza è’ stata elaborata con la collaborazione di tutto il web una “proposta di Decreto Legge” al fine sia di superare l’illegittimità formale per eccesso di de-lega, contestata dalla Corte Costituzionale, per reintrodurre la condizione di procedibilità della domanda giudiziale che come STRUMENTO di RIFORMA dell’Istituto della mediazione civile, che prevede:

    • Reintrodurre la mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale visto che la stessa Corte Costituzionale non la esclude, per altro afferma: “la disciplina dell’UE si rivela neutrale in ordine alla scelta del modello di mediazione da adottare, la quale resta demandata ai singoli Stati membri, purché sia garantito il diritto di adire i giudici competenti per la definizione giudiziaria delle controversie”.
    • Superare l’illegittimità costituzionale per eccesso di delega per la reintroduzione della mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, in base alla sentenza della Corte Costituzionale n° 272/2012, attraverso l’emanazione di un Decreto Legge (di cui si propone il testo) che, attraverso appunto l’approvazione del Parlamento, possa essere convertito in Legge.
    • Prevedere l’abolizione della “proposta” che il mediatore può formulare spontaneamente alle parti, in base all’art 11 comma 1 del D. Lgs. 28/2010, per gli stessi motivi già espressi dalla Commissione Europea ante la Corte di Giustizia Europea; la Commissione osserva in merito alla proposta fatta dal mediatore: “Questo costringe le parti a conciliare, senza nemmeno che esse si possano sottrarre a tale conciliazione tramite la non partecipazione alla mediazione …”, ed ancora in merito alle sanzioni che ne derivano dal suo rifiuto “ … la previsione di queste sanzioni incide sul diritto delle parti ad un ricorso giurisdizionale come garantito dal diritto dell’Unione, rendendone eccessivamente difficile l’esercizio”; si consideri che questa scelta di abolire la proposta è strettamente collegata alla stessa sentenza della Corte Costituzionale n° 272/2012 visto che questa demanda alla disciplina UE l’ammissibilità o meno della mediazione come strumento di procedibilità della domanda giudiziale: “… purché sia garantito il diritto di adire i giudici competenti per la definizione giudiziaria delle controversie”: sostanzialmente la “proposta” necessita di essere abolita se vogliamo armonizzarci alla sentenza.
    • Definire la professione del mediatore in modo che l’attività del “mediatore civile” rientri nelle “professioni intellettuali non organizzate in ordini o collegi”; creare una “attività lavorativa” per il mediatore, tale che egli possa determinare il “mercato” a cui rivolgersi: <>; creare una figura professionale analoga agli altri Stati membri; impedire che per intraprendere l’attività di mediatore occorra obbligatoriamente aprirsi un organismo di mediazione; evitare il paradosso che oggi si viene a creare dove, di fatto, gli organismi di mediazione anziché sorvegliare i mediatori controllano se stessi, in quanto, con l’attuale normativa, si auto-designano in mediazione i responsabili o i dirigenti degli organismi stessi, gli unici a sviluppare capacità e competenze; far uscire, quindi, l’attività del mediatore dal precariato e dall’occasionalità, consentendogli di svolgere a livello professionale il proprio lavoro “acquisendo competenza e capacità” sia perché maturerebbe con l’esperienza, che in questo modo non verrebbe a mancare, sia perché sarebbe suo primario interesse investire in formazione.
    • Incrementare sensibilmente la formazione dl mediatore.
    • Istituire degli obblighi agli organismi di mediazione in modo che offrano servizi omogenei tra loro e fornire contestualmente indirizzi istituzionali sullo svolgimento del procedimento di mediazione.
    • Impedire speculazioni economiche da parte degli organismi che vanno a discapito del servizio e del mediatore, come quella molto grave di elargire provvigioni (anche del 33% ) a terzi per l’approvvigionamento degli incarichi.
    • Chiarire e definire molti aspetti che richiedevano nella precedente normativa, a tal fine, l’intervento giudiziale, nonché esplicitare alcune frasi sibilline che davano adito a diverse interpretazioni.
    • Aumentare le materie per cui è prevista obbligatorietà.
    • Sanzionare severamente chi non si presenta in mediazione senza giustificato motivo: il giudice può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che non si è presentata, senza giustificato motivo, in mediazione e “può desume” argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma del codice di procedura civile.
    • Riconoscere delle spese minime di mediazione anche in caso di mancata partecipazione del convocato, determinabili dall’organismo sino al massimo di un terzo, che comunque ricadranno, in sede di procedimento civile, sulla parte assente, si prevede infatti, oltre a quanto citato al punto sopra, che: “Le spese sostenute nel procedimento di mediazione rientrano nelle spese processuali”; si precisa che a oggi, con la mancata partecipazione dei convocati al procedimento, le perdite economiche per molti organismi sono a livelli da decretare il fallimento.
    • Al fine di snellire e, contestualmente, dare valenza giuridica al procedimento di mediazione occorre prevedere la “delega”, poiché in un’innumerevole serie di casi (con l’introduzione dell’improcedibilità) non esiste alternativa, la quale può essere da subito una procura semplice, che evita passaggi da notai o da altri organi istituzionali, che però quando viene sottoscritta anche dal delegato, che ne assevera il contenuto, ante il mediatore che ne certifica la firma, prende valenza di mandato con rappresentanza; perché ciò sia possibile il mediatore deve rivestire il ruolo di pubblico ufficiale nel momento che certifica le sottoscrizioni; questo ruolo attribuito al mediatore, rivestito solo ed esclusivamente in questo specifico caso, attribuisce valenza giuridica sia ai verbali sottoscritti in mediazione che alle deleghe fornite e quindi al procedimento stesso, senza appesantirlo con pregressi ed ulteriori passaggi burocratici; la delega conferita in sede di mediazione è una procura “molto” speciale in quanto deve concedere “ampia autonomia al delegato di operare delle scelte”: solo così è possibile rendere funzionale il procedimento senza che diventi una farsa poiché, di fatto, i delegati hanno potere solo di “transare” senza avere la possibilità di operare autonomamente delle scelte in base ai nuovi elementi eventualmente emersi nel procedimento.
    • Istituire e rendere pubblico un elenco dei mediatori presso il Ministero che riporti una numerazione progressiva.
    • Chiarire che l’attività facilitativa del mediatore, oltre a prendere in considerazione i reali interessi, deve essere volta anche ad agevolare le parti, con il consenso di tutte, ad acquisire informalmente tutti i nuovi elementi (informazioni, prove, testimonianze, ecc.) ed a svolgere tutte le attività (accertamenti, verifiche, perizie, ecc.) atte alla risoluzione del conflitto, ristabilendo al massimo livello la comunicazione ed il dialogo tra le stesse; tale tecnica, rivoluzionaria anche per taluni teorici puristi della mediazione, risulta indispensabile attuarla quando il mediatore si trova al cospetto di delegati o di avvocati (e i casi saranno innumerevoli con l’adozione dell’improcedibilità) ove il mediatore non può effettuare indagini psicologiche sui reali interessi ma può in ogni caso istaurare un procedimento basato sull’arricchimento delle informazioni in modo da consentire alle parti di operare serenamente delle scelte atte alla risoluzione del conflitto; di fatti, con questo tipo d’ausilio, la parte (si ripete: utilissimo quando è un delegato) arriva a concludere che: “se si sono dissipati tutti i dubbi” si può tranquillamente operare un’eventuale soluzione.
    • Sempre al fine di snellire il procedimento, occorre dare valenza al ruolo dell’avvocato anche nel procedimento di mediazione, propedeutico (se fallisce) a quello civile, e quindi prevedere la delega automatica in mediazione del legale attraverso l’allegazione della consueta procura alle liti, da lui autenticata, che deve presentare, però, anche la dicitura “mandato a conciliare, con piena autonomia e discrezionalità nell’operare scelte in base agli elementi eventualmente emersi, nel procedimento di mediazione”; tale dicitura è fondamentale poiché spesso il legale che partecipa in mediazione, pur ricevendo un mandato formalmente corretto, non ha la possibilità di operare autonomamente delle scelte in base a tutti i nuovi elementi (informazioni, prove, accertamenti, verifiche, testimonianze, ecc.) che informalmente possono emergere durante il procedimento: sostanzialmente ora, nella quasi totalità dei casi, all’avvocato viene conferito solo un mandato a “transare”, e la mediazione, che in questo caso non è tale, si trasforma in una farsa; ecco anche perché le Compagnie assicuratrici, dopo un rodaggio con molti fallimenti, hanno deciso di non partecipare più al tentativo di mediazione.

    Solo attraverso una riforma, frutto della collaborazione di migliaia di operatori del settore, potremmo ottenere uno strumento valido atto ad essere reintrodotto nel nostro ordinamento.

    Vedere il testo integrale sul sito dell’APMC che la già inoltrata al Ministero della Giustizia:
    http://assomediatoricivili.altervista.org/legge-di-riforma.html

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