Perché le donne in ruoli di leadership sono “preziose” per le imprese

La forte presenza delle donne in azienda, anche ai vertici e in ruoli dirigenziali, è una realtà sempre più diffusa anche nel nostro Paese.

Non si può negare, però, che in alcuni manager, imprenditori e proprietari d’azienda, vi sia ancora una certa ritrosia a scegliere, a parità di ruoli, di assumere o promuovere una donna al posto di un uomo, soprattutto in quei settori che, per loro natura, appaiono come un territorio più idoneo per gli uomini. A sciogliere eventuali resistenze e rassicurare costoro sono giunti recentemente diversi interessanti studi, tra cui quello del Peterson Institute for International Economics, intitolato “Is Gender Diversity Profitable” (“La differenza di genere è redditizia”) ?

I risultati sono piuttosto “impressive”, come dicono gli anglosassoni, e forniscono ottime ragioni per investire sulle “quote rosa”, al di là delle questioni culturali. Una strategia aziendale che sia orientata alla presenza di donne nel personale e che scommetta sull’espressione e lo sviluppo delle loro qualità manageriali e di leadership, sarà premiata in termini economici e sarà il bilancio stesso a confermare il valore aggiunto di questa scelta.

Lo studio del Peterson Institute si basa su una ricerca effettuata su un campione di 21.980 aziende distribuite su un territorio di 91 Paesi.

I dati raccolti conducono alla conclusione che la presenza delle donne ai vertici delle imprese può migliorare il rendimento aziendale e incrementare gli utili.

In sintesi, secondo gli esperti del Peterson Institute, la correlazione potrebbe essere il riflesso sia del risultato della non discriminazione sia del fatto che la presenza femminile aumenta la diversificazione delle competenze: è positivamente correlata, comunque, con caratteristiche aziendali – come la dimensione – e nazionali – come i punteggi in matematica delle ragazze, l’assenza di tendenze discriminatorie verso gli executive donne e la disponibilità verso congedo di paternità. L’analisi mostra che, globalmente, vi è, in realtà, una relativa carenza di donne in posizioni di leadership.

Il 60% delle aziende studiate non ha membri femminili nei consigli direttivi e più del 50% non ha donne tra i suoi dirigenti ed executive.

Quello che, però, si evince è che qualora le donne siano presenti nei consigli e nelle C-suite (gruppo dei dirigenti, degli executive, dei chief…) la loro presenza contribuisce al miglioramento della performance aziendale.

L’impatto maggiore si riferisce alle quote rosa tra gli executive, seguito da quelle nei consigli direttivi. La presenza di CEO donne non ha, invece, un effetto particolarmente significativo.

Il modello sottolinea quanto sia importante creare una linea diretta di donne manager piuttosto che averle solo al top dell’organigramma aziendale.

I dati mostrano che, per le aziende in attivo, il passaggio dall’assenza di leader femminili a un 30% di presenze conduce ad un aumento dei profitti del 15% sopra la media.

A questo punto non resta che chiedersi, ma le donne vedono e vivono la leadership come gli uomini o in modo diverso?

Difficile rispondere, ma potremmo concludere con una semplice quanto illuminante riflessione di una donna Primo Ministro, Indira Gandhi: “Penso che una volta la leadership significasse imporsi; oggi è possedere le qualità necessarie per meritare la stima degli altri”.

Per i dettagli dello studio del Peterson Institute For Economics, si veda: https://piie.com/publications/working-papers/gender-diversity-profitable-evidence-global-survey

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